We throw light on your darkest fear

Criptozoologia

Il Chupacabra.

Beh, via il dente via il dolore, ho deciso di iniziare ad affrontare i casi di creature misteriose più famosi al grande pubblico, in questo modo potrò aprire una nuova rubrica dedicata agli avvistamenti, che sarà la parte meno seria del blog.

Vorrei cominciare questa rassegna dei “big” con uno dei più grossi spauracchi dell’America Latina da circa quindici anni, ovvero il Chupacabra.

Sarà abbastanza complicato parlarne in maniera ordinata perchè, pur essendo una creatura entrata nell’immaginario collettivo relativamente da pochi anni, i (tanti) avvistamenti sembrano descrivere parecchie creature diverse tra loro: l’articolo cercherà quindi di dare una spiegazione al “fenomeno” Chupacabra, esaminando le varie teorie, molte delle quali a mio parere assurde ma che citerò per dovere di cronaca.

Il nome.

Iniziamo dal nome, perchè “succhiacapre”?

Se, come vedremo, le testimonianze sono parecchio discordanti sull’aspetto di questo essere ben altra storia riguarda a triste sorte delle vittime del nostro “Chupi”: a partire dagli anni sessanta, prevalentemente nei Paesi dell’America Centrale, cominciarono a spuntare casi di bestiame uccisi in circostanze misteriose e dissanguati. Più passava il tempo e maggiori erano i particolari che coincidevano nonostante la distanza tra le varie vittime, caratteristici ad esempio i tre fori trovati sui cadaveri, all’altezza del collo o del ventre.

Ma l’esplosione del fenomeno arriverà solo nel 1995 e più precisamente a Porto Rico: otto pecore vengono trovate dissanguate con i caratteristici tre fori sul ventre e qualche mese più tardi una testimone, tale Madelyne Tolentino, afferma di aver visto la creatura con i suoi occhi nei pressi di Canovanas, cittadina nella quale erano recentemente morti circa 150 capi di bestiame in circostanze analoghe.

L’isteria collettiva comincia a prendere il sopravvento anche per un altro motivo: nel 1975 circa episodi simili si riscontrarono nella vicina cittadina di Moca attribuendo i massacri ad una ipotetica creatura poi chiamata il vampiro di Moca.

Per quanto riguarda il nome Chupacabra sembra che a coniarlo sia stato un comico di Porto Rico, un certo Silverio Perez: purtroppo per i vari allevatori e contadini del luogo la morte del bestiame è tutt’altro che una barzelletta, che poi sia una creatura di fantasia o meno il responsabile poco cambia.

L’aspetto.

Ma qual è il fantomatico aspetto di questo misterioso assassino di capre?

Beh, qui iniziano i problemi, mentre per altri casi più famosi come i soliti Nessie e Bigfoot c’è perlomeno una certa coerenza tra le testimonianze, qui siamo di fronte a racconti totalmente diversi l’uno dall’altro: l’evoluzione del Chupi è cambiata drasticamente nel giro di appena 15 anni.

“Nasce” come una creatura che cammina su due zampe, simile a un rettile con grossi occhi rossi, alta circa un metro, con aculei che partono dalla testa e scendono in linea fino all’estremità della schiena: poi chissà per quale strano motivo è avvenuto un cambiamento, si è passati  ad un qualcosa di più simile a un canguro fino ad arrivare all’attuale convinzione che il Chupacabra sia una strana forma di canide mutata, naturalmente o artificialmente come vedremo tra poco. Infine c’è una versione che lo vede molto vicino ad un pipistrello vampiro.

E le piccole  variazioni, a leggere le testimonianze, sono infinite, l’unico punto di contatto è il risultato finale sulle vittime, dissanguamento e 2-3 fori sul collo o sul ventre.

Loren Coleman è un rinomato studioso di criptozoologia e da anni sta sudiando (tra gli altri) il mistero del Chupacabra: Coleman afferma quanto sia stato dannoso questo gioco del telefono, si è passati dalla forma eretta di un rettiloide a quadrupedi appartenenti a famiglie di canidi. Oggi è quasi impossibile assistere a casi che ricordino il primo tipo di Chupacabras forse anche perchè…

Le vere origini?

Benjamin Radford ha recentemente ripreso in mano le prime testimonianze degli avvistamenti di Porto Rico e ha cominciato ad indagare in maniera più approfondita sulla veridicità di certe affermazioni e ha scoperto che…

Nel 1995 a Porto Rico arriva nelle sale il film Species: il personaggio interpretato da Natasha Henstridge è un alieno che somiglia incredibilmente alla prima descrizione data dalla testimone oculare Tolentino. Questo fatto, unito all’isteria dei precedenti episodi legati al vampiro di Moca, ha generato il mito del Chupacabra: la descrizione di un mostro che dissangua il bestiame ha velocemente preso piede nella rete e anche gli avvistamenti hanno cominciato a diffondersi al di fuori di Porto Rico.

Le teorie.

Le supposizioni sulle origini del Chupacabra sono tantissime, alcune più plausibili, altre totalmente inverosimili, perlomeno per i non appassionati di paranormale e ufologia.

Partiamo proprio da queste ultime che, ricordo, van prese con le pinze, magari lasciandosi sfuggire un sorriso.

Dal punto di vista delle teorie aliene ne abbiamo principalmente due: la prima è la classica, ovvero che il Chupi sia un extraterrestre dotato di intelligenza superiore a tutti gli effetti mentre la seconda è che la creatura non sia nient’altro che… un animale di compagnia lasciato sul pianeta dai visitatori alieni e poi dimenticato prima di ripartire.

Generalmente gli avvistamenti di questo tipo associano alla creatura anche aggiuntivi poteri come la capacità di balzi enormi, mimetizzazione, levitazione, telecinesi e capacità ipnotiche e di lettura del pensiero.

Investigando un po’ ho scoperto come Porto Rico sia terreno fertile per questo genere di teorie e per l’ufologia in generale per un particolare motivo (sempre secondo gli “esperti”/appassionati): a circa 15 Km dalla cittadina omonima sorge uno dei più grandi radiotelescopi del pianeta, l’osservatorio di Arecibo. Oltre ai vari utilizzi più prettamente scientifici, nel 1974 è stato mandato un messaggio particolare (detto appunto messaggio di Arecibo) con l’intento di stabilire un contatto con popolazioni extraterrestri. L’ipotesi di molti ufologi è che questo messaggio sia arrivatoe che il Chupacabra ne sia la conseguenza.

Altra ipotesi abbastanza fantasiosa è che il Chupacabra sia una creatura interdimensionale, abitante cioè di una dimensione parallela: sarebbe proprio questo il motivo per cui non si riesce a trovare una traccia concreta dopo ogni massacro di bestiame…

Ma il ricettario di ipotesi è vasto e ne abbiamo per tutti i gusti, non mancano infatti le classiche cospirazioni governative, due delle quali meritano qualche parola a parte.

Come detto Porto Rico è la “patria” del Chupacabra e vanta il maggior numero di avvistamenti: uno dei motivi possiamo farlo risalire al laboratorio di El Yunque. Situato nella foresta omonima ha condotto sperimentazioni di vario tipo sin dagli anni 60, compreso lo studio degli effetti del cosiddetto Agente Arancio. Anche qui è comprensibile come la paura per qualcosa che non si capisce tenda trovare spiegazioni in quello che si ha intorno. E così l’esperimento genetico sfuggito alla CIA diventa una teoria perfettamente plausibile per spiegare l’esistenza del Chupacabra…

Ma Porto Rico non mantiene l’esclusiva per molto e nel 2000 il Cile si trova davanti al dramma del Chupacabra, o perlmeno davanti al dramma delle vittime dello stesso…

Nel piccolo villaggio di Calama si assiste ad una vera e propria strage di animali in stile Chupacabra e se per alcuni abitanti del luogo il tutto viene preso in maniera scherzosa i poveri allevatori, che vedono la loro forma di sostentamento devastata in questo modo, sono piuttosto disperati. Viene così allertata la guardia nazionale e centinaia di soldati vengono spediti alla ricerca di qualunque cosa abbia provocato quei danni. Non riuscendo a trovare un colpevole il governo comunica che molto probabilmente si è trattato di cani selvatici: gli allevatori non la prendono benissimo e nei mesi a seguire arriveranno addirittura a sparare agli aerei governativi di passaggio.

Un'opera dell'artista Takeshi Yamada

Viene così attribuita la nascita della creatura alla NASA che si sarebbe fatta sfuggire un esperimento genetico finito male: l’agenzia spaziale chiaramente negherà tutto ricordando come ogni volta ci sia stato un mistero inspiegabile che avesse a che fare con ufo e alieni ci passassero di mezzo loro.

Cuero, coyote e rogna…

Come detto il Chupacabra viene esportato e raggiunge ben presto stati come la Florida, il Maine e soprattutto il Texas.

Finora ho evitato di fare un elenco di tutti gli avvistamenti della creatura perchè è davvero impossibile, sono decine e decine.

E’ interessante però parlare dei casi di Cuero perchè prendono in considerazione tutta quella fascia di segnalazioni che hanno fatto evolvere il Chupacabra da rettiloide bipede a canide.

Nell’agosto del 2007 una certa Phylis Canion trova nei pressi del suo ranch tre cadaveri che non riesce a identificare: scatta varie foto e taglia la testa di una di queste (!) per metterla nel freezer e consegnarla a degli esperti. Vari esami confermeranno poi che non si tratta nient’altro che un caso di coyote affetto da forma gravissima di rogna. La trasmissione Voyager fece una puntata sull’argomento dichiarando con enfasi che il Chupacabra era stato finalmente scoperto, voglio segnalarvi quindi queste dichiarazioni di Lorenzo Rossi (criptozoologo e creatore del maggior sito italiano sulla disciplina) sul caso in questione con l’analisi della puntata.

Un anno dopo un agente di polizia della stessa cittadina filma una strana creatura dalla sua macchina: è uno di quei casi che mi affascinano, è evidentemente un falso ma adoro guardare questi filmati sfuocati pur convincendomi che non ci sia un briciolo di verità e che siano costruiti a tavolino.

Conclusioni.

In ogni caso si è forse arrivati alla conclusione che una rogna in stato molto avanzato può sfigurare orribilmente coyote o ibridi simili facendo gridare al mostro chi non ha un’ottima conoscenza degli animali in questione e degli effetti di una certa malattia.

In definitiva il fenomeno Chupacabra è ben diverso dai suoi illustri colleghi in quanto a far scalpore non è tanto l’avvistamento in se quanto gli effetti pratici sulle innocenti vittime, quindi speculazioni a parte rimane seriamente da capire chi o cosa abbia provocato queste morti così simili tra loro.

Anche Coleman propende per l’ipotesi di gruppi di cani selvatici che essendo eccessivamente deboli assaltano le prede di nascosto e le consumano in tutta  fretta, senza divorarle completamente.

Quello che mi sconcerta è che delle decine di articoli che letto si da enfasi alla notizia dei ritrovamenti, sia del bestiame morto che degli ipotetici responsabili, si dichiara che gli animali verranno poi esaminati da studiosi e scienziati e poi non se ne sa più nulla. Ma forse è tutto parte di un meccanismo che non cerca risposte ma vuole alimentare la magia del mistero…

In futuro cercherò di fare degli update sugli avvistamenti più interessanti, per ora concludiamo il nostro viaggio alla scoperta del nostro dissanguagalline.

Vi lascio il link di uno dei maggiori siti italiani sull’argomento avvisandovi però che affronta il fenomeno Chupacabra con un particolare accento sul paranormale.

Chupacabra Mania.


L’Allghoi Khorhoi.

Vorrei dedicare il primo “vero” articolo alla creatura che mi ha spinto in tutta fretta ad aprire questo blog, d’istinto e senza pensarci troppo: nonostante la mia passione per le creature fantastiche e misteriose sia di lunga data, è solo pochi giorni fa che mi è ricapitato sotto mano questo mistero della natura. Mi affascina da più di dieci anni e vedendo un articolo su un prossimo programma dedicato alle “creature nascoste” ho avuto la spinta per poterne parlare.

A costo di risultare noioso devo ancora una volta ricordarvi che non sono un naturalista e non ho le conoscenze per parlarne in modo scientifico, vedetemi come un cantastorie che cerca di solleticare la vostra curiosità.

Allghoi Khorhoi quindi o, come più comunemente noto, Mongolian Death Worm.

Una rappresentazione della creatura secondo lartista belga Pieter Dirkx.


Come mai sono così affascinato da questa creatura?

Beh, è esattamente il sunto di quello che si cerca in una creatura misteriosa: è sufficentemente “leggendaria”, ha un aspetto mostruoso e ha delle capacità al limite dell’incredibile. In coda all’articolo parlerò anche delle derive cinematografiche che son state ispirate da questo strabiliante essere ma per adesso cominciamo ad esaminarlo seriamente (per quanto può essere possibile).

Questo grosso vermone è un criptide, è quindi una creatura finora non documentata realmente, tutto ciò che si conosce a proposito si basa sulle testimonianze delle persone che ne sono entrate in contatto e perciò anche questo articolo si baserà su queste voci.

Perchè così terrificante e affascinante quindi? Secondo quanto si sa questo abitante del Deserto del Gobi è un grosso verme di un colore rosso acceso che può arrivare a raggiungere la dimensione di un metro e mezzo: la sua pericolosità è data da due mortali abilità, quella di sputare un liquido allo stesso tempo corrosivo e velenoso e la capacità di emettere scariche elettriche abbastanza letali da uccidere un cammello.

Prima di iniziare un appunto sulla seguente fotografia: molti siti la spacciano come vera, uno “scheletro” dell’Allghoi ma in realtà si tratta semplicemente di uno dei tanti lavori di finta tassidermia dell’artista Takeshi Yamada. Nonostante sia finto non fa che aumentare le fantasticherie a proposito della creatura rendendola ancora più intrigante.

Un ipotetico scheletro della creatura.

Le spedizioni.

Il primo uomo che portò le testimonianze della sua esistenza al “grande pubblico” fu il naturalista ed esploratore Roy Chapman Andrews nel 1926 durante una delle numerose spedizioni, tante delle quali proprio in Mongolia. Qui Chapman per la prima volta sentì delle voci dagli abitanti del luogo che parlavano di uno strano verme che viveva sottoterra e assaliva animali e persone con le abilità sopracitate.

Il nome deriva dal mongolo olgoi-khorkhoi e significa più o meno verme intestino poichè ricorda l’aspetto di un intestino, di mucca per essere precisi: lo studioso arrivò alle conclusioni che nessuno aveva realmente visto l’esemplare in questione ma tutti erano fermamente convinti della sua esistenza, segno che certe leggende e tradizioni culturali erano molto radicate nella popolazione indigena. Più o meno ogni popolo ha il proprio spauracchio o babau e sembra proprio che per i mongoli l’Allghoi si sia appropriato di questo ruolo. Chapman parlerà di questo e della sua spedizione nel libro On the Trail of Ancient Man.


Uno dei più grossi “cacciatori” del nostro caro vermiciattolo è Ivan Mackerle, un criptozoologo ceco, che spinto dalle voci di uno studente universitario mongolo decise di organizzare una spedizione nel 1990, anche grazie alla caduta del comunismo, trovando però solo gente terrorizzata al solo parlarne. Con molta difficoltà riuscì a raccogliere diverse testimonianze scoprendo che la creatura sembra prediligere i mesi estivi per uscire dal letargo in cerca di cibo e che sembra essere attratto dal colore giallo. La spedizione, così come le successive due nel 1992 e 2004, saranno però infruttuose dal punto di vista pratico, riuscendi a racimolare solo i passaparola e le esperienze visive degli abitanti.

Un altro criptozoologo, tra i più affermati e competenti di oggi,  porterà all’attenzione del grande pubblico la leggenda del Mongolian Death Worm: nel 1996 Karl Shuker ne parlerà nel suo libro The Unexplained e in altri volumi successivi. La sua tesi principale è che il verme in questione altro non sia che un’Amphisbaenidae,  una particolare famiglia di amphisbaenians, quindi non un verme ma qualcosa di più simile a un rettile.

Un’altra spedizione degna di nota è quella del CFZ (Centre for Fortean Zoology) che nel 2005, guidati da Richard Freeman, hanno passato un mese alla ricerca dell’insolito verme tornando ovviamente a mani vuote: il resoconto di quel viaggio è diventato un documentario in due parti che potete vedere qui e qui.

Infine il reporter David Farrier, affascinato proprio dai racconti di Freeman, organizza nel 2009 una spedizione personale che anche stavolta non porterà a risultati effetivi se non l’ennesimo documentario fatto di testimonianze locali. Sul suo blog dedicato al progetto potete leggere le sue esperienze.

Uno studio della creatura secondo Rob Farrier.

Le ipotesi.

Come detto in precedenza ci sono gli scettici e i sostenitori dell’esistenza di un criptide, anche in questo caso vengono sollevati dei dubbi che i criptozoologi tentano di spiegare razionalmente.

Prima di tutto le dimensioni, per molti un metro e mezzo è esageratamente troppo per un verme ma in realtà abbiamo esempi che smentiscono questa affermazione, come il giant Gippsland earthworm che può arrivare a ben 3 metri di lunghezza.

Per quanto lanciare fulmini sia più un’esagerazione da fumetto o film horror è noto il fatto che le anguille elettriche riescono a generare delle scariche di circa 600 volt che possono stordire o anche uccidere eventuali prede o nemici. Per ora gli unici esemplari con questa capacità si trovano sui fondali marini, l’ipotesi è che il death worm sia un’evoluzione di un particolare tipo di anguilla elettrica (che comunque è un anguilla solo nell’aspetto, appartenendo alla famiglia dei Gymnotiformes) vissuta in antichità in quello che un tempo era un oceano e ora è il deserto del Gobi. A rafforzare questa ipotesi sono le testimonianze che indicano come i periodi dopo le pioggie, quando la sabbia è bagnata, quelli in cui gli Allghoi escono in superficie.

Riguardo al veleno corrosivo anche qui possiamo essere in presenza di un’esagerazione ma potrebbe essere un metodo simile a quello di molti ragni che “sciolgono” le prede all’interno per poterle divorare più agevolmente. Esistono comunque particolari specie di cobra che sputano il proprio veleno di qualche metro.

In definitiva è un po’ il vecchio gioco del telefono: se hai 20 persone che si bisbigliano una frase state certi che la prima e l’ultima saranno diverse al limite dell’assurdo ma la ventesima contiene comunque un fondo di verità, sicuramente esasperato. E così funziona con le storie e credenze popolari che solitamente si tramandano per via orale, magari per spaventare i più piccoli, quindi dopo anni e anni la storia si modifica, nuovi terrificanti particolari vengono aggiunti e la creatura diventa sempre più spaventosa.

Esistono poi le teorie più fantasiose che parlano di radiazioni e mutazioni dovute agli esperimenti nucleari compiuti durante gli anni della guerra fredda, per non parlare dell’immancabile progetto ultrasegreto del solito governo che ha creato nuovi mostri in laboratorio.

Per ora la tesi più plausibile è quella citata da Shuker, con la possibilità che le suddette abilità dell’animale esistano anche se in maniera non così amplificata.

La finzione.

Converrete con me che il nostro vermetto ha un fascino non indifferente e possiamo perciò ritrovare dei richiami, voluti o meno, nella moderna cinematografia “leggera”.

Anche se in questi casi ci troviamo ad esagerazioni ancora più mostruose è indubbio che vedere certe creature sulle schermo ci faccia pensare al terrore della Mongolia.

E allora come dimenticare i serpentoni a strisce di Beetlejuice, o gli immensi Shai-Hulud di Dune, o ancora i più recenti e famosi Graboid della serie Tremors.

Le proporzioni dei vermoni della fiction cinematografica.


Infine un recente film tv che prende il nome dall’omonimo protagonista.

Siamo giunti alla fine di questo nostro viaggio alla scoperta del letale verme della Mongolia e mi auguro di aver fatto scoccare la scintilla della curiosità in alcuni di voi. Sperando che i grossi vermoni non popolino i vostri prossimi incubi vi lascio e vado a cercare qualche altro esemplare nascosto da presentarvi nelle prossime puntate.


La Criptozoologia.Parte seconda.

La scorsa volta abbiamo introdotto la criptozoologia dandone qualche cenno sulla nascita e sui fondamenti di base e iniziato a spiegare di come sia considerata una pseudoscienza, quindi poco ben vista dalla comunità scientifica.

Ma perchè zoologi e naturalisti non vedono di buon occhio questa branca impropria delle scienze naturali?

I motivi sono diversi e alcuni appaiono fondati e plausibili: prima di tutto, come accennato nel precedente articolo, il grosso del danno all Cr. viene fatto dagli stessi appassionati quando non riescono a contenere l’entusiasmo e non mantengono i piedi per terra durante le loro ricerche. Per poter avere credibilità una scienza deve avere delle basi culturali inconfutabili e alle quali nessuno può obiettare. Insomma, bisogna avere una conoscenza vastissima per poter escludere ogni possibile eccezione, coincidenza o semplice fatto anomalo. Lavorando in gran parte su testimonianze altrui il minimo che si possa fare è limitare i danni escludendo con assoluta certezza le specie che sono già…conosciute.

Cerco di spiegarmi meglio: tra i più famosi criptidi ai quali gli studiosi cercano di dare una spiegazione è il chupacabras. Tornerò in futuro a parlarne ma per ora posso dire che la maggior parte delle volte che spunta fuori un cadavere che si presume essere un chupacabras in realtà è una specie di coyote per niente sconosciuta ma semplicemente affetta da qualche malattia in stato avanzato o malformazione genetica. Dopo aver gridato al miracolo  si scopre che quella che si ha sottomano è l’ennesima bufala perchè non si sono esaminate tutte le possibilità con dovuta perizia.

Altre volte, sempre sull’onda dell’entusiasmo, si escludono spiegazioni scientifiche (e a volta pure ovvie) che distruggono rapidamente le tesi prodotte: pensate a tutti gli avvistamenti poco chiari dei criptidi palustri (Nessie ad esempio) dove le increspature dell’acqua hanno decine di spiegazioni banalissime .

E’ proprio questo l’appunto più grosso che viene mosso alla Cr. ovvero la mancanza di riscontri reali: ognuno tira l’acqua al suo mulino. Se per lo scienziato la mancanza di prove è la certezza della non esistenza di una data creatura, allo stesso tempo il criptozoologo afferma che non vi è neppure la prova scientifica della non esistenza, insomma un circolo vizioso senza fine.

Ma gli amanti della Cr. replicano con argomentazioni altrettanto fondate e credibili: prima di tutto si parte dall’assunto che le specie animali esistenti sono tantissime ed è impossibile che siano state tutte catalogate essendo una buona parte del globo (beh, forse non così grande…) ancora incontaminata ed esplorata. Molti criptidi infatti sono tali per noi ma non magari per le tribù che vivono in quell’area. Inoltre come detto si basa su reali conoscenze degli altri rami della scienza quali biologia e zoologia.

In realtà non c’è un odio totale verso la Cr. ma uno dei problemi è che la gran parte degli appassionati si dedica prevalentemente alle creature che hanno un grosso richiamo mediatico, le grosse stranezze della natura per intenderci: parlo chiaramente di Bigfoot, Mokele Mbembe e compagnia. Se infatti venisse dedicata più attenzione e cura verso le centinaia di specie minori (per dimensioni) la criptozoologia verrebbe non solo tollerata ma anche supportata.

Ma un punto su cui i criptozoologi ribattono con fermezza…beh è dato proprio dalle scoperte della discipina, infatti tra tanti buchi nell’acqua e bufale varie (inventate o meno) per fortuna ci sono stati svariati successi. Partendo dallokapi, che divenne anche il simbolo dell’International Society of Cryptozoology, passando per il Celacanto e arrivando a quello che un tempo era un vero e proprio animale leggendario, il calamaro gigante (riparlemo in futuro e con calma di queste specie).

La prossima volta, a meno di improvvisi cambi di umore, incontreremo il nostro primo criptide, gli amanti dei vermetti accorrano numerosi, a presto!


La Criptozoologia.Parte prima.

Nella scorsa introduzione ho accennato a un particolare gruppo di soggetti studiati da una strana disciplina, la Criptozoologia (da ora abbreviato in Cr.), termine abbastanza sconosciuto al grande pubblico e che merita quindi un approfondimento per capire di cosa si parla esaminando determinate creature che affronterò in futuro. Per non rendere troppo pesante la lettura dividerò l’articolo in più parti in modo da rendere digeribile il “malloppone”.

Piccolo avvertimento: io non sono uno studioso di alcun tipo, non sono naturalista, biologo, zoologo, antropologo, paleontologo o qualunque altro “ologo”. La mia è una semplice passione, il fatto che tenti con questo blog di affrontare certi temi non mi eleva a rango di scienziato: cercherò di essere il più accurato possibile ma consideratemi come un bambino in un enorme parco giochi che ama stupirsi e non disintegrare completamente ogni fantasia legata ad una particolare creatura.

Detto questo esaminiamo l’etimologia del termine che deriva dall’unione delle radici greche delle parole kryptos (nascosto), zoon (animale) e logos (discorso): in definitiva è la scienza degli animali nascosti.
Il termine è stato coniato da colui che è considerato il padre fondatore della disciplina moderna ovvero Bernard Heuvelmans (zoologo belga, 1916-2001) ma lo stesso H. si accorse che il primo a utilizzare questa parola fu il naturalista scozzese Ivan T. Sanderson (1911-1973).
Di cosa si occupa quindi questa “pseudoscienza” ( tra poco torneremo ampliamente anche su questa definizione) e chi sono questi criptidi o animali nascosti?
La criptozoologia cerca di dare una spiegazione a specie animali sconosciute e delle quali non si hanno ancora prove tangibili: gli unici elementi che indicano la loro esistenza sono le testimonianze dirette o tramandate, residui di peli, ossa o altre parti del corpo, impronte sul terreno. Nessun cadavere da studiare, meno che mai esemplari vivi, solo congetture e avvistamenti che nel migliore dei casi producono materiale fotografico sfuocato e inattendibile.

Sembrerebbe una caccia ai fantasmi quindi.
Sì e no.
Nonostante venga additata da molti studiosi come una pseudoscienza (al pari di astrologia e omeopatia) per poter affrontare questa disciplina con serietà servono delle notevoli conoscenze di zoologia e biologia: l’errore più grande infatti è scambiare una particolare specie come “sconosciuta” semplicemente perchè non si hanno i fondamenti per riconoscerne l’effettiva esistenza. Se non ho mai visto una giraffa per me sarà sicuramente un animale sconosciuto. Allo stesso modo possiamo espandere questo concetto riferendoci ad angoli di mondo superficialmente esplorati dove magari le tribù indigene ben conoscono particolari animali che ancora la cosiddetta “civilità” non ha incontrato.
Non solo animali sconosciuti però, la criptozoologia si occupa anche di specie la scienza ritiene estinte o su razze lontane migliaia di Km dal loro habitat naturale.

E’ una ricerca che lascia senza “trofei”: una volta stabilita l’esistenza di una data specie questa cessa di essere un criptide e viene ufficialmente classificata nel mondo della zoologia vera e propria.
Bella rogna eh?

Tanti sono i motivi per cui la criptozoologia viene malvista: tra questi sicuramente non giova la spettacolarizzazione e pubblicità di molti che studiosi non sono ma che da semplici amatori spesso ridicolizzano chi con sforzi e passione si dedicano seriamente ad ottenere dei risultati. Inoltre siamo nell’era delle nuove teconologie, un qualsiasi ragazzino di 12 anni con un computer e un minimo di talento può riuscire a ingannare per giorni il mondo intero con sofisticati fotomontaggi (un hoax o fake): il fatto che venga poi smentito quasi subito da altrettanto talentuosi individui poco importa, il danno è fatto e di certo non aiuta a risollevare il nome della criptozoologia.

Inoltre spesso si inglobano nella disciplina anche ufologi o appassionati di paranormale che tentano di associare la Cr. ad extraterrestri, creature fantastiche, fantasmi o simili, anche se niente di tutto ciò è riconducibile ad un criptide. La brutta nomea quindi inizia proprio da questi “esperti” all’interno del loro campo. Perciò quello che il grande pubblico ricorda dell Cr. sono le storie di Nessie e dei vari Bigfoot quando in realtà il lavoro di studio è molto più amplio. Effettivamente ad un’analisi approssimativa sembra che il grosso degli amanti di questa pseudoscienza si dedichino maggiormente alle creature di grosse dimensioni, in particolare alle creature lacustri e marine, ai grossi mammiferi e agli ominidi.
In realtà le specie ancora catalogate sono a migliaia, soprattutto tra gli insetti o gli animali/pesci di ridotte dimensioni ma è indubbio il fascino che possibili discendenti di dinosauri, primati evoluti o strambe creature abbiano sull’immaginario collettivo il che porta numerosi appassionati a dedicarsi maggiormente a questo tipo di ricerche.

Come detto prima per approcciarsi alla Cr. bisogna avere alle spalle un elevato bagaglio culturale e soprattutto essere capace di distinguere un semplice difetto fisico o malattia da una possibile nuova specie: il lavoro di studio è durissimo quindi, bisogna cercare i dettagli più minuziosi traendoli dalle testimonianze a volte confuse di chi ha avvistato tale esemplare.

La prossima volta esamineremo i dubbi che vengono sollevati dalla comunità scientifica a proposito di questa branca “impura” della zoologia e le difese che usano invece i loro appartenenti per tentare di trovare un prestigio giustificato agli occhi dei loro colleghi.